Recensione di un recente saggio di Dario Edoardo Viganò sulle teorie della comunicazione e sugli interrogativi morali che l’uso delle tecnologie e il vitale ruolo dei mass media dovrebbero sollevare.
Una riflessione alla luce della scienza e per una società “in divenire”
Un saggio è sempre una sorta di collettore in cui confluiscono gli itinerari meditativi preferiti dallo scrittore, una trama che diviene palese quando si tratta di organizzare e offrire dei temi attraverso la raccolta di appunti e lezioni tenute regolarmente nei corsi universitari dedicati alle teorie e alla storia della comunicazione.
Dario Edoardo Viganò, esperto di comunicazione, nonché docente presso l’Università cattolica di Milano e l’Università pontificia lateranense ne I sentieri della comunicazione. Storia e teorie (Rubbettino, pp. 268) si cimenta in questo percorso, al tempo stesso accademico e personale. Sebbene il titolo si riferisca alle molteplici ramificazioni del concetto di comunicazione e alle altrettante diverse impostazioni teoriche che ne fanno l’oggetto del loro studio, una prima osservazione sul lavoro attiene alla stessa abilità dell’autore di elaborare un tragitto personale nella materia, così come di costruire un testo agile, interessante e aggiornato rimanendo allo stesso tempo un valido manuale didattico.
Da questo punto di vista lo scritto è una piacevole sorpresa in quanto riesce ad andare oltre il compito che si era proposto, nel senso che non si limita a offrire una traiettoria “obliqua” ed assai originale rispetto al tema, ma seleziona e tratta in maniera intelligente e sintetica gli eventi e i concetti che si reputano fondanti per la disciplina. Nel corso di questa ampia trattazione, che richiama i temi e le attività che il termine “comunicazione” ha suggerito nell’arco della storia umana, è infatti necessario sapersi avvalere delle tradizioni di pensiero che meglio hanno saputo cogliere gli snodi teorici e fattuali della materia di studio, ricostruendo così l’armamentario concettuale che ha reso possibile l’apertura di una specifica branca di competenza.
L’importanza della tradizione scientifica
Un buon indice del livello di approdondimento dell’opera è peraltro la ricca tensione all’indagine sui diversi aspetti trattati, apprezzabile anche dai continui rimandi ad altre opere contenuti nelle note. Un lavorio che forse configura una tela intricata ma necessaria quando ci si cimenta con un tema complesso e di antica eredità.
Ma il vero “valore aggiunto” di cui parlavamo è il sostrato etico che Viganò ha voluto introdurre nelle argomentazioni partendo dalla stessa definizione del concetto di comunicazione, caratterizzato secondo l’autore da una certa “liquidità” che lo espone alle più disparate disquisizioni e slittamenti semantici. Ed è proprio nell’ambiguità semantica del termine “comunicazione”, che scivola tra le due estremità di “comunione” e “separazione”, che l’autore è pronto a cogliere le criticità del fenomeno comunicativo, producendo una ricca serie di spunti degni di riflessione.
Un dibattito più fecondo per un’idea migliore di comunicazione
In un’epoca come la nostra, dove tutto sembra centrato sulla (tele)comunicazione, Viganò si chiede se non sia giusto leggere questo modo di relazionarsi anche dal punto di vista etico. Ovvero, se non sia tempo di irrobustire il dibattito con delle considerazioni più responsabili rispetto a ciò che addebitiamo alla comunicazione.
Vi è il rischio, infatti, di cadere in facili illusioni di esaustività, di vedere l’edificazione delle reti telematiche come la soluzione di tutti i problemi, di vivere l’espansione del contatto senza saper fare i conti con le differenze che esso necessariamente implica, se non vogliamo eludere con altri mezzi la questione della nostra reciproca alterità e lo sforzo di farsene gioiosamente carico. Complessivamente questa tensione etica si rivela un buon viatico per equilibrare le successive sezioni del saggio, dove si introducono, in un discorso più interno alla materia, i modelli e gli elementi dei processi comunicativi, così come i contesti e gli approcci psicologici.
Interessante, perché centrale nella comprensione delle configurazioni degli spazi fisici e culturali odierni, è la parte dedicata al rapporto tra tecnologia ed esseri umani in relazione alla progressiva “incorporazione” della strumentazione comunicativa. Questo processo è seguito lungo un tragitto storico che parte dall’oralità e passa per la scrittura, la stampa, i media elettrici ed elettronici quali il telegrafo, la radio e la televisione, non dimenticando la fotografia e il cinema, per concludersi con le nuove tecnologie e l’ipertesto.
Le vie del senso tra simboli e segni
La parte finale dell’opera è prevalentemente dedicata allo studio della semiotica e dei suoi fondatori, un viaggio che abbandona, per così dire, i grandi orizzonti per introdurci al mistero della significazione, a come si costruisce il significato attraverso i simboli. Un approfondimento questo che ci conduce nei sentieri più intimi, nel cuore della negoziazione del senso, dove scopriamo i rinvii tra oggetti, significanti e significati, i codici e le strutture, i meccanismi della narrazione testuale e audiovisiva.
In definitiva, un’opera completa nonostante la sua compattezza, confidante in una lettura curiosa di esplorare la comunicazione come campo di studio ma anche come fenomeno quotidiano ricco di sfaccettature, desiderosa di aprire con essa un rapporto meno ovvio e più critico e dunque più in linea con la stimolante ambiguità degli attuali scenari mediatici.
www.scriptamanent.net, anno II, n. 17, dicembre 2004