L’adozione delle tecnologie Ict nelle società emergenti e gli impatti sociali, culturali ed economici
Non è poi trascorso così tanto tempo da quando in un articolo ragionavamo attorno alla possibilità di circoscrivere per il telefono un’area specifica di studi sociali. In quest’arco temporale su di esso si è continuato a riflettere e scrivere molto, mentre sono aumentati gli studiosi che, in ogni parte del mondo, si sono aggiunti al gruppo, concentrandosi sia su aspetti generali che specifici con trattati che non hanno risparmiato quasi nulla, e il quasi ci preserva da ogni ulteriore e sicura sorpresa.
In effetti, se si deve trovare un’analogia per descrivere un qualche fenomeno legato alle nuove tecnologie di rete e si vuole essere compresi, non si rimane quasi mai delusi nel cercarla nell’ambito telefonico. La cosa sorprendente è che la pratica non funziona solo in una direzione, recuperare ed evidenziare tramite il telefono quello che di simile, per altri versi, è già accaduto o è stato esperito, ma anche in fase proiettiva, vale a dire seguirlo come mezzo di comunicazione e propulsore per lo sviluppo e la ri-configurazione di processi sociali fondamentali, di cui le società complesse dei diversi Occidenti tendono a perdere la sensibilità cognitiva.
Come spesso accade in questo spazio, per parlare di digital divide e di mobilità sociale si richiameranno recenti letture, nello specifico un voluminoso manuale che raccoglie molteplici contributi sulla telefonia mobile elaborati da ricercatori provenienti da ogni angolo del pianeta. Il testo Handbook of Mobile Communication Studies (2008), curato da James E. Katz, autore non nuovo a questo genere di esperienze collettanee, è ricco di argomenti che, organizzati in quattro sezioni, si occupano, oltre a quella citata, anche di socialità e co-presenza, politica e cambiamento sociale, cultura e immaginazione. Sarà perché ci si sente un po’ frastornati dai continui commenti e dalle evidenze circa la decrescita che stiamo vivendo, che in questa opera troviamo particolarmente interessante proprio la parte relativa allo straordinario sviluppo dell’ICT in paesi normalmente privati delle tecnologie di telecomunicazione.
Ciò che sta accadendo in quelle aree è sorprendente, e sebbene non tutto possa essere imputato al technology-push, i new media si rivelano spesso presupposto essenziale per un rinnovamento e impulso alla crescita. La dinamica è così chiara che molte aziende internazionali stanno rimodulando i loro investimenti per sviluppare e offrire servizi e dispositivi utente“ritagliati” alle esigenze di queste particolari aree geografiche.
Come rilevano le Nazioni Unite, i new media, soprattutto mobili, stanno diventando delle “necessità basilari” tanto da generare una domanda costante che è in controtendenza rispetto agli alti e bassi vissuti dall’economia globale. “Con o senza recessione, milioni di persone – in India, Cina, Nigeria e altri mercati emergenti – richiederanno dispositivi cellulari” conferma l’International Telecommunication Union (Cell phone demand to stay strong despite downturn: U.N 2009). D’altro canto, nonostante i margini di guadagno debbano fare i conti con quantità economiche risicate dato l’esiguo budget individuale, il numero delle persone che lì risiedono solleticano proiezioni allettanti.
Ad esempio, in India, nazione diventata il secondo mercato mondiale nel mobile, le compagnie telefoniche hanno attivato 10 milioni di utenti nel solo mese di settembre 2008, “grossomodo le stesse cui può ambire, dopo alcuni anni di attività, un buon operatore europeo” mentre si elaborano servizi “ad hoc”, ad esempio quello lanciato da uno dei partner di Nokia, Reuters Market Light, che “serve tra i 40 e i 50 mila clienti negli stati del Maharashtra e del Punjab, fornendo quotazione aggiornate su 50 prodotti in un centinaio di mercati locali in cambio di 200 rupie ogni tre mesi. L’obiettivo è di raggiungere nel giro di pochi mesi anche Gujarat, Rajasthan, Haryana e Madhya Pradesh” (Lo sviluppo appare nel display del cellulare 2008).
La stessa fonte ci dice che l’associazione GSMA, che riunisce tutti gli operatori tlc del settore, prevede che nei prossimi anni su dieci nuovi utenti otto arriveranno dai paesi in via di sviluppo. D’altra parte, la diffusione delle tecnologie mobili può stimolare iniziative e idee originali per coinvolgere le persone ora connesse alle reti digitali in attività di lavoro prima impensabili, come sta tentando di fare Txteagle , che offre ad aziende e persone la possibilità di distribuire dei compiti che necessitano dell’intelligenza di un essere umano, ad esempio per opere di catalogazione o traduzione in linguaggi e dialetti particolari effettuabili da questa nuova platea di soggetti grazie ad interazioni testuali via dispositivi mobili.
Proveremo allora a penetrare maggiormente la densità del fenomeno partendo dalla considerazione che “la diffusione della comunicazione mobile e di internet non ha paragoni in nessun altro dominio dell’attività umana”. In effetti, negli ultimi 15 anni l’ICT è stato un elemento chiave dello sviluppo economico mondiale e lo stesso settore ha avuto il maggiore tasso di crescita nella spesa familiare rispetto ad altri servizi primari come salute, casa e cibo.
Inoltre, nonostante l’adozione di internet a livello di popolazione globale è del 15%, quella del mobile è doppia (30%) perché ha investito con forza anche i paesi in via di sviluppo, riuscendo a superare confini di ordine geografico, socio-demografici (genere, reddito, età) ed economici (costo servizi, livello del Pil ecc.).
Tale balzo in avanti nell’adozione dei servizi ICT è confermato dall’OCSE. Se nel 1995 il gap tra paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo nel settore TLC marcava una distanza valutata in un fattore 33, nel 2005 lo stesso si è ridotto a 3.
Ricordavamo la spinta fondamentale fornita dalla telefonia mobile. Gli utenti del cellulare hanno raggiunto i tre miliardi di unità già prima di quelli del fisso, e circa l’80% delle aree geografiche mondiali sono coperte dal segnale delle infrastrutture mobili. Il restante 20% è costituito da zone ancora più periferiche e scarsamente abitate, in cui è difficile avere un aggregato che formi una massa critica di utenti capace di innescare una logica positiva nel ritorno degli investimenti.
In definitiva, se non affiancati da una politica pubblica, in queste aree estreme i privati non troveranno ragioni sufficienti per intervenire solo sulla base dei proventi garantiti da persone che “vivono” con 1-2 dollari al giorno, e si parla di una popolazione stimata nell’ordine di 2 miliardi.
Il terzo mondo nel quarto mondo
Nell’ultimo tomo della sua trilogia dedicata all’età dell’informazione, Volgere di millennio, il sociologo Manuel Castells, seguendo le evidenze empiriche sull’accesso e lo sfruttamento ineguale delle risorse e delle conoscenze legate direttamente e indirettamente alle reti digitali, delinea la costituzione di un “quarto mondo” che include gli strati sociali che, sia nei paesi ricchi che poveri, rimangono fuori dalla “spartizione” della nuova ricchezza.
In effetti, le nuove reti telematiche integrano e sincronizzano in flussi processi informativi, di produzione e scambio. Le persone, le fabbriche e le nazioni tendono così a organizzarsi attorno a loro, e tutto ciò sfida lo stesso potere degli stati-nazione, trasforma ma non sostituisce il sistema delle fabbriche, cambia ma non elimina le esperienze spazio-temporali umane.
Come si ripercuote tutto ciò nel cosiddetto terzo mondo? Rifacendosi ai trend di crescita che l’ICT registra in queste aree è evidente che la caratteristica più apprezzata è la possibilità di ottenere una comunicazione persona a persona a costi economicamente accessibili, anche in aree molto difficili come quelle del Sub-sahara. Su questo servizio di base si articolano poi le esigenze più diverse in termini di business, educazione, istituzioni sociali e governative.
In situazioni dove si vive letteralmente nella/di contingenza, la comunicazione mobile si rivela un alleato ideale per mantenere e acquisire nuovi clienti e fornitori, per conoscere nuove opportunità di lavoro, per avere informazioni critiche sui prezzi di mercato o, più genericamente, per rompere l’isolamento, chiamare un’autoambulanza, consultare un esperto, coordinare i trasferimenti di denaro con i parenti all’estero, controllare lo stato delle persone amate ma lontane.
Tuttavia, come tanti ricercatori rendono chiaro, non è tanto l’espansione e l’ampiezza del raggio d’azione (roaming) quanto l’abbattimento dei costi per le connessioni più prossime che “garantisce in queste aree il successo”. E gli effetti si vedono nelle dinamiche di scambio mercantile, nella migliore efficienza del trasporto e in uno sviluppo economico più distribuito, così come nella riduzione dell’isolamento e nell’incremento della sicurezza nei villaggi, a livello di organizzazioni e di persone, mentre si ampliano i contatti e il coordinamento con le attività economiche internazionali.
Ovviamente, la relazione tra economia/ricchezza e strutture ICT è importante ma di per sé insufficiente a giustificarne la penetrazione. Vi sono molte altre barriere, ad esempio l’istruzione. Se vogliamo essere più rigorosi, sono soprattutto le infrastrutture tipiche di una comunità a essere fondamentali: le co-presenze dei sistemi sanitari, educativi o di trasporto, alimentazione elettrica, sicurezza e finanziari.
Le applicazioni mobili m-health, m-government, m-learning, m-commerce contribuiscono dunque solo se adeguatamente supportate da una rete di organizzazioni fisiche. Invece, dove l’ICT si rivela in assoluto come abilitatore cardine è senz’altro nell’istituzione di reti di ricerca e sviluppo, in ultimo nel coordinamento e indirizzo della conoscenza.
In ogni caso, almeno per i prossimi 10 anni, il mobile sarà l’unica possibilità di accesso per le regioni più povere, e poiché sembra che ci sia una correlazione positiva tra la densità delle infrastrutture wireless e la possibilità di accrescere la partecipazione all’economia, in queste aree si sta sviluppando anche il ricorso a forme di delega operative tra reti TLC più estese e mini reti locali, la cui gestione rimane indipendente dalle telco che, per una ragione di costi, vi si interfacciano evitando di impegnarvisi direttamente.
Rispetto a un radicamento delle infrastrutture ICT che asseconda le strutture del potere consolidato e che si cristallizza disegnando delle arterie principali, il mobile può essere visto come una sorta di capillarizzazione infrastrutturale.
Allo stesso tempo, visto come sta cambiando l’economia politica mondiale con l’inserimento in rete di India e Cina, con gli impatti socio-economici dei movimenti e delle rimodulazioni delle vite tra città e villaggi, la necessità di comprenderne aspetti micro-economici e socio-culturali si sta rivelando centrale per molte discipline, oltre che essere un filone specifico della teoria del mobile.
In un’ottica di “Quarto Mondo”, ci ricorda Castells, le “azioni coscienti” e le “politiche pubbliche deliberative” possono contrastare le tendenze polarizzatrici e isolanti tipiche della società dell’informazione.
Ma proviamo a entrare con maggior dettaglio in queste dinamiche scrutando qualcuna delle aree o dei temi che viviamo, in quanto persone appartenenti al primo mondo, per noi periferici.
Report dai territori: Ghana
Il Ghana, primo stato africano a ottenere l’indipendenza (1957), è un paese di circa 21 milioni di abitanti (91 abit. per km2). La teledensità, indicatore che mette in relazione il numero di utenti telefonici con la popolazione effettiva, era nel 1994 di 0,3 linee per 100 abitanti, la stessa del 1954. Dieci anni dopo, nel 2004, linee fisse per 100 abitanti sono 1,5, 8 quelle mobili e 1,8 gli accessi internet (dati ITU 2004).
I posti pubblici per telefonare erano 25 nel 1997, diventati 5.000 solo due anni dopo. Rispetto ai paesi sviluppati, la telefonia mobile ha avuto un balzo di adozione doppio. Lo squilibrio tra aree rurali e urbane rimane molto alto, ma il servizio di comunicazione mobile è particolarmente apprezzato laddove la vita si svolge senza avere punti di riferimento fissi e si basa prevalentemente sui contatti verbali.
Un ruolo primario è giocato dalla struttura degli scambi mercantili, che si rivelano istituzioni basilari e complesse, organizzate per genere ed etnie, con leader specifici per ogni tipo di mercanzia. I produttori sono costretti a viaggiare spesso per scambiarsi le merci, anche se a muoversi maggiormente sono i venditori all’ingrosso, che si curano degli scambi diretti, mentre per la vendita al dettaglio, che avviene nelle strade, sono le donne ad avere il ruolo principale.
Queste reti commerciali si mantengono con collegamenti personali, sia a livello di scambio che di passaggio di informazioni, e la reputazione e la fiducia rivestono un grande ruolo. Oltre ai contatti faccia a faccia, era la comunicazione scritta (messaggi, lettere, fax), con tutti i suoi problemi – accedere a chi sa scrivere, rischio di fraintendimenti, scarso segreto – ad avere un ruolo centrale per gli ordini, i crediti e le informazioni riguardanti le merci. Si stima che il 23% dei viaggiatori operi solo per ottemperare a questi fini.
Come ben si comprende, la povertà infrastrutturale a livello TLC si traduce in una povertà “informativa” che schiaccia la vita quotidiana delle persone impegnate nelle attività vitali del commercio, tenendole continuamente sulla corda per problemi di valutazione dovuti alla variabilità delle quantità prodotte e richieste, ai relativi prezzi, ai tempi operativi lunghi e, in genere, all’opacità che si crea attorno a qualunque operazione.
L’ICT ha permesso nuove pratiche di trading anche se esistono grandi differenze, su base reddito, tra gli operatori al dettaglio e quelli all’ingrosso. In genere per ogni 100 persone che hanno un’attività commerciale troviamo 2 linee fisse/fax e 17 linee mobili, ed in media sono solo 2 le persone che godono di entrambe le opzioni. Spesso, per gli alti costi del servizio, si adopera il telefono solo per ricevere e le tecniche di “flashing” – chiamare per farsi richiamare – o di segnalazione tramite il numero dei trilli sono una pratica molto diffusa. Chi non può sfruttare tali tecnologie è costretto a utilizzare i “com center” (communication center), spazi non più larghi di 2×2 metri collocati all’interno dei mercati, per comunicare, avendo grandi problemi di riservatezza sulle informazioni.
In definitiva, quando si parla di ridurre la povertà di informazione ci si riferisce al superamento del passa-parola e degli spostamenti per garantire il flusso degli ordini e la gestione dei contratti di scambio; oppure al contrasto della volatilità perché le informazioni non sono più aggiornate o puntuali rispetto alle nuove esigenze o agli impedimenti incontrate dalle transazioni mercantili.
Tra l’altro, lo sviluppo di condizioni di connettività diverse tra zone geografiche limitrofe o in competizione produce la maggiore periferizzazione di quelle che non riescono a innovarsi, che vedono diminuire la domanda a favore degli operatori sempre reperibili, aggiungendo drammaticità a drammaticità. Il controllo dei mezzi e dell’informazioni è dunque decisivo e si rivela come elemento per ridisegnare il potere: un accesso non equo alla fine può rinforzare relazioni di forza ineguali.
In conclusione, l’indagine in Ghana riscontra che nel momento in cui gli operatori del commercio sostituiscono i viaggi con le chiamate recuperano tempi e costi migliorando al contempo l’efficienza e la profittabilità degli scambi. L’accesso alle TLC comporta un miglioramento soprattutto per i coltivatori più poveri mentre in generale la comunicazione mobile riduce l’asimmetria informativa e i costi migliorando la propria posizione competitiva.
Sviluppo TLC e accesso devono però viaggiare insieme perché chi non può connettersi rischia di essere maggiormente penalizzato e scartato rispetto ai luoghi geografici in cui l’accesso è più facile. Gli incontri faccia a faccia rimangono ancora importanti (screening del partner, reputazione, assunzioni di responsabilità e valutazione dei comportamenti, stipula di transazioni economiche) ma la comunicazione mobile riduce fortemente i viaggi fatti per ottenere informazioni meno “sensibili”. Inoltre, le nuove condizioni di pratiche spazio-temporali dipendono fortemente dai fattori reddituali e geografici.
I benefici a livello di imprese sono sicuri ma altrettanto evidente è la difficoltà di affidarsi solo alle logiche di mercato per sviluppare le infrastrutture ICT perché ci sono zone rurali in cui gli investimenti strettamente privati non sono profittevoli, ed è il ruolo governativo a dover esercitare delle politiche di incentivazione.
Report dalla Cina del sud
I lavoratori migranti nella Cina del sud, provincia di Guangdong, appartengono alle classi più povere ma è tra di essi che nel paese l’incremento dei servizi di telefonia mobile è stato il più alto. Rammentiamo che un cellulare da quelle parti costa tre-quattro volte una paga mensile.
La città di DongGuann ha 7 milioni di abitanti ed è un tipico centro di migranti piena di fabbriche. In essa è stata effettuato uno studio che ha avuto l’obiettivo di valutare come si modificano e creano le reti sociali con l’adozione della comunicazione mobile e dunque gli effetti sulla vita delle persone che la utilizzano.
Il riscontro generale relativo all’incremento dei servizi telecomunicativi è stato quello di aver migliorato il livello dei contatti con i luoghi di origine e la formazione di nuove reti sociali nella città, spesso un prolungamento di quelle nate nell’ambito lavorativo. Un grande aiuto la comunicazione mobile lo ha determinato anche nelle condizioni di lavoro, soprattutto per quelle figure più precarie come i lavoratori part-time e a “cottimo”, che hanno potuto gestire meglio la loro organizzazione tra i tempi, saltuari, di impegno e quelli di non lavoro.
L’emigrazione in Cina, nelle aree occidentali e da quelle centrali verso est, hanno avuto negli ultimi decenni una crescita senza sosta, passando dai 30 milioni nel 1930 ai 140 milioni di individui nel 2000. Le riforme economiche hanno impattato molto sulla struttura patrilineare della famiglia. I giovani spesso sono i maggiori contributori del reddito familiare e ciò aumenta le loro pretese e la richiesta di autonomia.
Le tecnologie ICT (televisione, mobile) hanno ridotto le distanze culturali tra le mentalità formatesi in zone una volta quasi impermeabili (campagna versus città) così come tra le ideologie, con effetti sulle strategie di migrazione, che avvengono non solo, anche se soprattutto, per ottenere dei miglioramenti economici, ma anche per ragioni culturali ed esperienziali, ad esempio per liberarsi dalle tradizioni locali, che comportano obblighi sociali e l’abitudine a essere continuamente giudicati.
Prima di inoltrarsi nel tema, c’è da evidenziare la difficoltà di vivere da emigrante: si vive in una condizione di intensa attività e in ambienti ostili, in luoghi estranei e con uno stato d’animo in cui impera desolazione e insicurezza.
I contatti ottenuti tramite la comunicazione mobile sono allora essenziali per ricollegarsi agli affetti primari e avere incoraggiamenti, oltre che per gestire la nuova rete di amicizie. I telefoni fissi, sempre molto occupati, non garantiscono la stessa disponibilità mentre con i terminali mobili non si lascia cadere nessuna possibilità per organizzare incontri. Così, il frequente cambio di lavoro e di fabbrica non impedisce più di continuare a sentirsi, soprattutto via SMS, una modalità comunicativa con cui si incrementano i contatti e che si rivela utile anche per cambiare lavoro o affrontare periodi di difficoltà.
In effetti, nel passato il modo per cercare lavoro era tramite canali formali, così come era prassi recarsi davanti ai cancelli delle fabbriche per leggere gli avvisi. Attualmente si può essere facilmente richiamati lasciando i recapiti telefonici. Allo stesso tempo, tale reperibilità rende più facile trovare lavori alternativi.
I servizi usufruibili in mobilità sono anche un fattore di pressione nei confronti dei soprusi del datore di lavoro, così come un mezzo per contrattare maggiorazioni di paga, che tendono ad adeguarsi alla migliori del mercato. Il cellulare e le sue reti comunicative hanno ottenuto di fatto più di ciò che si era riusciti a fare nel passato con altre forme di organizzazione sociale.
Vi è un segmento di lavoratori che ha ottenuto in assoluto i maggiori benefici da questa tecnologia e sono quelli temporanei. Va premesso che questa condizione lavorativa è spesso direttamente scelta dai lavoratori, oltre che essere una modalità che ben si sposa con l’organizzazione della produzione cinese. Sono i lavoratori molto specializzati a preferirla perché, in cambio di una paga più pesante possono poi usufruire di più tempo libero. In ogni caso, essere in grado di intercettare questa richiesta diventa per loro essenziale e il cellulare (prima lo era il pager) uno strumento indispensabile, che permette di essere parte di una rete di collegamento che arriva a coinvolgere migliaia di lavoratori, una vera e propria organizzazione di lavoro interinale online.
L’analfabetismo come barriera alla comunicazione mobile
Il tema dell’analfabetismo è all’ordine del giorno in quanto barriera all’espansione della comunicazione mobile nei mercati “emergenti”, dove si registra una cronica mancanza di educazione formale – l’Unesco indica in 800 milioni gli analfabeti presenti in paesi quali India, Cina, Brasile, Indonesia ecc., con tassi di concentrazione variabili: solo in India nel 2004 se ne registravano 270 milioni.
La definizione più giusta del fenomeno dovrebbe essere quella di persone che non conoscono le forme testuali, ed è questa la categoria che è stata al centro di un interessante studio della Nokia che nel 2004-2005, coordinandosi tra i propri centri di ricerca di Tokio, Pechino e Helsinky, ha voluto entrare nella particolare user experience di persone residenti in India, Nepal e Cina affiancandoli nella loro quotidianità.
In realtà, accanto all’evidente benefit della comunicazione vocale, le persone che hanno problemi con i simboli scritti (lettere e numeri) hanno anche un rapporto difficile con il normale contesto funzionale del telefono, ad esempio nella pianificazione del tipo di comunicazione (sincrona/asincrona) o nell’organizzazione della rubrica.
In generale ci si pone la questione di entrare in un modo di apprendere meno strutturato e di esplorare un mondo in cui diventano fondamentali i feedback tattili, visivi e uditivi oppure l’intermediazione delle altre persone, così come le particolari forme e funzioni dello stesso terminale telefonico.
Insomma, siamo ben oltre la semplicistica constatazione di una preclusione alla comunicazione scritta (SMS). Le cause dell’analfabetismo risiedono fondamentalmente nella mancanza di investimenti in strutture di educazione formali che, al minimo, riescano a fornire quelle capacità di base che, secondo le Nazioni Unite, possano consentire alle persone di capire, leggere e scrivere una sintetica descrizione riguardo a una generica condizione quotidiana.
Tra l’altro, fa notare lo studio, vi è una notevole differenza tra il vivere in campagna e in città: ad esempio, in Cina sarebbero sufficienti 150 caratteri nel caso si debba gestire una situazione di vita in un villaggio, ben 2.000 se in città. Alle ragioni infrastrutturali si somma poi un altro grande ostacolo all’acquisizione di una educazione formale e cioè la necessità di dover guadagnarsi la vita fin dalla più tenera età.
Lo studio sulla user experience ha un carattere soprattutto “locale” perché richiede di calarsi nelle specificità dei luoghi e degli usi, privilegiando dunque un approccio etnografico. Le difficoltà a cui vanno incontro gli utenti analfabeti non derivano solo dai limiti delle interfacce ma anche dalle modalità con cui vengono in possesso del terminale, che comporta in genere il ricorso al mercato dell’usato. I telefoni sono lisi e i simboli scarsamente leggibili mentre le linee di trasporto dei segnali così disastrate da richiedere dei continui tentativi di chiamata, che alimentano il sospetto di essersi sbagliati forzando verso l’ulteriore spirale di una ripetuta digitazione.
Le interfacce a icone sembrerebbero una facilitazione appropriata, e invece ci si accorge che i “soft key”, i tasti simulati sul display del terminale, non sono così agevoli, sempre accompagnati da ulteriori spiegazioni. Per non parlare poi dell’attivazione di funzioni che nascondono un alto livello di astrazione (tipo la predisposizione di una rete dati Gprs… ).
Insomma, per risultare efficaci queste ricerche debbono essere in grado di comprendere ed entrare nel mondo e nella prospettiva delle persone analfabete. Vi sono aspetti che accomunano tali vite. Innanzi tutto la regolarità dei comportamenti e dei luoghi frequentati, come possibilità di superare ogni genere di difficoltà appoggiandosi anche sull’intermediazione dei vicini. Fare cose diverse richiede sia dei redditi superiori, una possibilità difficilmente ottenibile svolgendo lavori per la maggior parte secondari, sia capacità di affrontare situazioni nuove e dunque di muoversi nel non noto, dove conta sapere destreggiarsi in nuovi ambiti simbolici per poter agire.
Accanto a questi limiti si scopre però come queste persone sviluppino fenomenali abilità utilizzative di un “universo parallelo” di indizi (forme, superfici, densità, profumi ecc.) per orientarsi, così come delle qualità intellettive e di memoria non secondarie, nonostante poi risultino poco flessibili nel caso di ambienti ricchi di inconvenienti e opzioni, una situazione abbastanza normale in ambienti supportati da apparati tecnici.
L’uso del cellulare oltre l’accesso e la risposta alle chiamate contempla vari gradi di attività a cui sono associati altrettanti livelli di difficoltà. Intanto, le chiamate locali sono considerate molto più semplici rispetto a quelle internazionali, che presentano problemi in termini di variabilità informativa (prefissi) o lunghezza della numerazione. In effetti, sono i contatti locali a saturare le rubriche, compilate perlopiù con l’aiuto dei vicini, e queste risultano praticamente impermeabili all’aggiunta di nuovi contatti vista la difficoltà di intervenire direttamente. Spesso sono replicate parzialmente su carta e i numeri telefonici sono contraddistinti con simboli propri tipo colori o tracce varie. In effetti, è abbastanza comune presentarsi alle cabine pubbliche con un numero scritto su carta per farselo comporre, un’operazione che può risultare inadeguata perché il numero è scritto male o illeggibile per la sgualcitura della carta.
In definitiva, i designer dei terminali mobili devono avere un quadro il più esaustivo possibile della mentalità delle persone che opereranno e dei relativi ambienti, un modello mentale a cui riferirsi per impostare le migliori strategie per le attivazioni delle funzioni tramite il supporto degli indizi tattili e audio-visivi dell’apparato, che poi i feedback positivi dal campo radicalizzeranno.
Uno dei grossi limiti che gli utenti analfabeti hanno rispetto alle altre persone è di non potersi aiutare molto con il metodo “tentativo ed errore” per esplorare le funzioni in quanto ogni tentativo potrebbe sfociare in una condizione ingestibile e, soprattutto, dannosa. Una delle risposte al miglioramento dei dispositivi è di dotarli delle funzioni basilari – attivazione e accettazione della chiamata, riduzione al massimo delle “soft key”, aumento durata della batteria; setting automatizzato e non editabile; feedback audio (indicare la funzione attivata, ad esempio) e menù audio (ma la numerosità delle lingue sono un problema). In questa ottica, si sta cercando anche di escogitare degli aiuti tramite l’utilizzo di messaggi audio-visivi.
Tuttavia, il lavoro di semplificazione dell’apparecchiatura non deve poi risultare così evidente perché vi è il concreto pericolo che diventi uno “stigma” che marchia una particola utenza che, a questo punto, preferisce rifiutare di comprare e utilizzare il terminale.
Usi e significati del cellulare nelle aree povere delle città: il caso delle Filippine
Mentre vi è una grande attenzione per capire come i giovani nei paesi ricchi usano il telefono, poco si sa sull’uso e i significati datogli dai poveri urbanizzati. A colmare parzialmente questa lacuna ci prova uno studio condotto nelle Filippine.
In questa nazione, condizionata da una forte emigrazione, si registrano contemporaneamente alti tassi di povertà (30%) e di adozione di cellulari mobili (30%). Gli abitanti sono circa 85 milioni e ogni giorno si spediscono 200 milioni di SMS. Il tasso di alfabetizzazione è elevato (94%) e le Filippine sono state definite “la capitale del mondo per il texting”: l’organizzazione tramite SMS della rivolta contro il presidente Estrada nel 2001 è uno degli episodi più citati per indicare le possibilità di attivazione politica dei new media.
Dunque, nonostante l’enorme povertà vi è un grande desiderio di acquisire e utilizzare la tecnologia mobile. La forma più comune di acquisto è attraverso l’impegno rateale, detto localmente payakan, o anche “cascata delle lacrime”, per indicare le difficoltà di pagamento. In effetti, i poveri urbani quando guadagnano lo fanno su base giornaliera. Molto fiorente è allora il mercato dell’usato, dove il cellulare si paga però in contanti.
Questi telefoni sono mediamente di scarsa qualità e antiquati e costano tra i 28 e i 38 dollari. L’acquisto di un terminale nuovo può avvenire impegnando il denaro proveniente dalle rimesse spedite dall’estero che va comunque a detrimento di altre esigenze domestiche primarie. È talmente alto il desiderio di acquisirlo che impegnarsi in una qualche lotteria è vista come alternativa possibile, ed è uno dei motivi più comuni per farlo.
Un’altra fonte di approvvigionamento molto utilizzata per recuperare denaro è il pegno: da questo punto di vista il cellulare funziona come “moneta contante” per la facilità di scambio con altre merci. Ma quali sono le motivazioni che giustificano l’acquisto in una situazione di vita così precaria?
In realtà, è proprio tale precarietà a spingere in questa direzione. La vita del povero in città è piena di rischi e si può essere soggetti a scontri tra gang, furti, incendi. Il cellulare promette di aumentare il controllo e, nella mentalità del capo famiglia maschile, è considerato essenziale per proteggere la famiglia. Le madri si giustificano invece con la necessità di tenere a bada i propri bambini e di abbassare il livello dello stress personale, ma anche per tenersi aggiornate sullo stato di salute e forza dei propri mariti, sebbene alla fine sia il colloquio con i figli, tramite SMS, ad essere molto più intenso.
Alle ragioni funzionali si affianca l’attrattiva di possedere uno status symbol e ciò nasconde il desiderio di avvicinarsi alla vita dei ricchi, persone di cui conoscono bene abitudini e stili di vita perché vi prestano spesso servizio. In termini di competenza sono i giovani il punto di riferimento per avere ogni delucidazione sugli utilizzi.
La cosa che si impara subito è la scrittura e gestione degli SMS; in realtà si chiama via voce solo per casi particolarmente importanti limitando al massimo la durata della conversazione. In famiglia è normale condividere l’uso del cellulare mentre sono soprattutto i giovani a soffrire per non essere mai sufficientemente allineati ai modelli alla “moda”, una cosa che provoca acuto imbarazzo.
Dovendo convivere con utenti che sono in una condizione di povertà strutturale, i fornitori di servizi mobili si sbizzariscono nell’ideare sistemi di pagamento originali. Ovviamente, con utenti che vivono di paghe saltuarie e giornaliere, mancando spesso di un indirizzo di residenza ben definito, è la forma delle carte prepagate a prevalere.
Il consumo del traffico ha una connotazione di genere e vede le donne nella parte delle grandi spenditrici. Nonostante siano accusate di essere troppo chiacchierone e di perdersi in convenevoli con gli stessi vicini, gli uomini le perdonano perché rassicurati dal loro confinamento casalingo. Parti del credito vanno anche per l’acquisto di gadget ornamentali come loghi e ringtones. Rimproverate per l’eccessivo chiacchiericcio le donne non vogliono sentir parlare di gossip ma di interessamento per gli altri, di aggiornamento sugli eventi di comune interesse, di aiuto consolatorio e di assistenza spirituale, oltre che di forme sociali di esplorazione.
L’ampio margine di manovra lasciato alle donne si giustifica sia con la loro funzione di controllo dei figli, sia come sistema per alleggerirne la condizione domestica in quanto il cellulare le tiene allo stesso tempo aggiornate e in grado di espandere le loro relazioni. In ogni caso, le discussioni intorno al corretto uso e la giusta suddivisione dei costi, a supporto dei compiti “fondamentali” dell’uomo e quelli “più periferici” delle donne, sono sempre vive.
In verità, le donne hanno anche un intenso scambio di SMS con il marito, di cui vorrebbero controllare la grande mobilità per ragioni di gelosia, anche se il tradimento è dato per scontato. Lo stesso cellulare d’altronde è visto come una minaccia alle relazioni amorose.
Interessanti sono i pareri che si danno circa la rincorsa ad avere, ma più che avere desiderare, gli ultimi modelli dei terminali. Intanto, la cosa è vissuta come una sfida che si è predestinati a perdere: i poveri riescono ad acquisire un cellulare solo quando il modello diviene tecnologicamente superato.
Tuttavia, questa ambizione è vissuta con un grande contrasto perché si sente lo scandalo morale di desiderare qualcosa che va a danno di esigenze di vita primarie. D’altro canto, che farsene di un videofonino quando la gente che si frequenta non ne ha, mentre è alta la probabilità di alimentare i sospetti di essere coinvolti in un qualche giro di malaffare.
I fornitori di servizi, coscienti di quanto il cellulare infici un budget che è già in sofferenza per le spese più vitali, hanno ideato delle micro-ricariche del credito. Chiamate e-load, esse hanno un valore altrove impensabile, ad esempio si possono effettuare micro-cariche da 0,5$, che però vanno consumate entro tre giorni, oppure forme di condivisione del credito di un conoscente (share-load) di un valore di 0,28$, da consumare entro le 24h.
In realtà, le persone sono sempre ai limiti del credito e sfidano continuamente la scadenza delle SIM, per cui i fornitori devono differenziare le politiche commerciali tra i diversi segmenti di utenza. Ciò non toglie che si attuino delle campagne di richiamo per segnalare le imminenti cessazioni del servizio, campagne che provocano una tremenda pressione psicologica e che sono subite con grande irritazione.
Se il cellulare è visto come un mezzo di protezione è indubbio che, a sua volta, possederlo diventa un motivo per subire ruberie e tentativi di assalto vista la sua desiderabilità e smerciabilità. In definitiva, nonostante le critiche per gli aspetti consumistici, è difficile negare che anche per le fasce povere della popolazione mondiale i cellulari telefonici sono diventati una parte sempre più importante delle loro vite.
Riferimenti
“Lo sviluppo appare nel display del cellulare”, in Nova Il sole 24 ore, 20/11/2008, p. 7.
Castells, M., 1998, Volgere di millennio, Milano, Egea, 2003.
“Cell phone demand to stay strong despite downturn: U.N”, 16/2/2009, Reuters.
Katz, J. E., a cura, 2008, Handbook of Mobile Communication Studies, Cambridge, Mass, The Mit Press.